RIFLESSIONI SULLA GRATITUDINE

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Che cos’è la gratitudine?
Perché è importante la gratitudine?
Che senso ha la gratitudine nella nostra vita?
Perché è indissolubilmente connessa alla capacità di perdonare e perdonarci? Com’è possibile scoprire che questa vita è un dono?

Queste sono domande che mi accompagnano da sempre e che vorrei esplorare con voi lettori.

Da tanto tempo, ormai, ho scoperto che la chiave della gratitudine è contenuta nel perdono, che etimologicamente significa “farsi un dono”.
Io divento grato quando mi rendo conto che, prima di ogni altra cosa, devo provare amore per me stesso, cioè, devo accogliermi dicendo: “Eccomi, io sono questo, questo sono io”. Per poterci accogliere, infatti, dobbiamo vivere senza vergogne.

Questo momento storico, più di tanti altri, sta squarciando il velo del “sonno” della routine che accompagnava le nostre giornate e ci manteneva ciechi alle nostre istanze interiori.

La pausa della quarantena ci chiama, infatti, a vedere chi siamo davvero, cosa facciamo della nostra vita e, se ci impegniamo ad approfondire ancora meglio, ci mostra anche cosa possiamo essere, perché noi possiamo essere molto più di ciò che siamo ora.

Come affermo nel mio libro L’Intelligenza del Cuore, edito da BUR, la domanda che dobbiamo porci non è: “Chi sono?”, ma: “Chi posso diventare, se mi metto in cammino?”

Per giungere alla consapevolezza di chi possiamo divenire, dobbiamo fare un primo grande passo, che implica il perdono. Quando io posso guardare me stesso negli occhi e non provare vergogna di chi sono, di ciò che ho fatto, perché realizzo che da qualsiasi mio errore posso imparare ad essere migliore, allora (e solo allora) comprendo la necessità di onorare il dono che mi è stato fatto: il dono della vita.

Alcune persone folli accusano la vita del loro malessere, ma si sbagliano!

La vita non contiene nient’altro che un dono, quello di poterci svegliare dall’illusione di essere ciò che non siamo e impegnarci a essere ciò che possiamo divenire, imparando a resistere alle nostre emozioni distruttive, a quell’oscurità che a volte ci invade fino a farci negare la vita stessa, e ad arrenderci a – ciò che io definisco – il noi migliore di noi.

La gratitudine nei monumenti antichi viene rappresentata da una figura di donna che ha in mano un mazzetto di fiori di fave ed è seguita da una cicogna.

La cicogna è colei che annunzia la vita, mentre le fave hanno avuto nella storia due significati simbolici perché in origine erano connesse al mondo dei morti, successivamente alla rinascita, all’abbondanza e alla ricchezza. Questa donna rappresenta l’anima, la parte femminile creativa e generativa, in grado di prendersi cura della vita che c’è in ognuno di noi.

È proprio questa stessa vita che ci scorre dentro a generare gratuitamente per noi questo attimo e soltanto immergendoci in esso possiamo onorare la vita – e quindi noi stessi – godendo appieno del suo frutto, che è la presenza, appunto.

Voglio riprendere qui una citazione dal film Kung Fu Panda, splendida per la sua chiarezza a tal proposito:

“Ti preoccupi troppo per ciò che era e ciò che sarà. C’è un detto: ieri è storia, domani è mistero, ma oggi è un dono. Per questo si chiama presente.”

La gratitudine passa, dunque, dal cogliere il vero senso del perdono che ci permette di comprendere la gratuità di questo attimo. Scoprire che ci sono delle cose che non possono essere comprate, ma che hanno, invece, bisogno del nostro arrenderci ad esse per vivere, ci consente di entrare in una nuova sensibilità, facendoci incontrare la vita a un altro livello.

“Eccomi, io sono questo, questo sono io” significa che non guardo al mio limite – che non nego perché già conosco e da cui non scappo -, ma lo accolgo come punto di partenza per imparare a migliorarmi.

Quando io sciolgo il nodo della paura, dell’incertezza, del non sentirmi riconosciuto, del bisogno di essere acclamato, posso crescere e relazionarmi con una dimensione più grande. È così che divento pronto a lasciare ciò a cui mi ero attaccato per “muovermi verso”, cioè per evolvere.

Quando lascio andare il mio bisogno per muovermi verso il mio luogo interiore di potere, il luogo della consapevolezza, la mia vita diventa incredibilmente produttiva.

Non sono più attaccato alle cose. Esse si trovano tutte a una giusta distanza, permettendomi così di determinare, in ogni mio giorno, chi sono davvero e cosa è davvero importante per me, e vivere per questo.

La vita come gratitudine ci permette, così, di lasciare nel tempo il segno vivo della nostra presenza.

Questo è il momento, più che mai, in cui siamo chiamati ad essere grati e a diventare amanti della vita.

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